Biography, reviews, texts

A theater performance inspired by the autobiographical novel "Oltre l'azzurro" by Cesare Bedognè

30/11/2016
A theater performance based on the book "Oltre l'azzurro" by Cesare Bedognè

Photograph by Cesare Bedognè (Groningen 1994)




OLTRE L’AZZURRO Racconto per voce, corpo, musiche barocche.

Lo spettacolo teatrale, una performance che intreccia corpo, voce e suoni di musica barocca, nasce dal libro omonimo (ABao AQu, 2012): un romanzo autobiografico, in forma di diario, che alterna prosa ritmica e poesia, e racconta la storia di lunghi viaggi tra nord e sud dell’Europa, dell’incontro con una ragazza olandese, di un malattia che si fa strada inesorabile, di un ritorno a casa, dopo tutto, con i frammenti della propria storia, da mettere in ordine, non in senso cronologico, ma piuttosto cercando quella “eternità d’istante” che ciascuno si porta scolpita dentro. Nello spettacolo le parole del libro s’intrecciano con le partiture corporee di una creatura vestita di bianco che silenziosamente si trasforma, vive i suoi ricordi, oltrepassa soglie, quasi si trovasse (come in uno degli ultimi frammenti che compongono l’opera) “dall’altra parte dello specchio”: uno spazio misterioso dove risuona la musica assoluta e senza tempo di Bach, luminosa e dolente, a cercare un modo di raccontare ancora, una pausa, uno spazio che si apra sul dolore, il primo e ultimo senso del nostro abitare il vuoto. L’attrice ha lavorato soprattutto sulle possibilità del corpo/anima di trasformarsi in altre creature ed altri stati d’essere: il suo personaggio potrebbe essere una creatura morta, o non ancora nata, sospesa in un non luogo dove si sogna, si ricorda e ci si interroga. La morte viene così rappresentata come esperienza di vita e transizione, fatta non solo di angoscia e dolore, ma anche di bellezza e mistero. In questo senso, lo spettacolo intende restituire il teatro al suo sfondo tragico e alla propria originaria funzione catartica.

Le strade dell’angelo - Tracce d’attore.
Dice una fiaba che l’angelo va a prendere i bambini quando muoiono, ma prima di portarli in cielo li fa volare sopra tutti i luoghi dove hanno giocato. L’angelo raccoglie in silenzio piccoli oggetti dimenticati, il bambino piano piano apre gli occhi; quando saranno in cielo, le piccole cose raccolte forse avranno una voce e canteranno. L’angelo è entrato silenziosamente nel lavoro dell’attore, che ha seguito i suoi passi nei vicoli bui del sogno e della memoria, raccogliendo piccole tracce, segni quasi indecifrabili, per portarli in un luogo dove possano fiorire.

Così come nel libro la realtà si dispiega come un cristallo dalle innumerevoli sfaccettature, allo stesso modo, in scena voci, immagini e suoni si alternano in una temporalità che appartiene al sogno e al ricordo. Una figura bianca, arrivata da un lungo viaggio, traccia nel vento i volti e gli spazi della sua anima, e dentro la bisaccia porta sagome leggere: i suoi giorni. Sfogliandole ritrova memorie di albero, farfalla, raggio di luce. Lentamente si sdipanano i fili invisibili che legano la sua esperienza al mondo. Lo spettatore può seguire il suo percorso all’interno di questa stanza, che ha porte chiuse, finestre spalancate, passaggi segreti, angoli oscuri. Ognuno si riflette in altri esseri e nel mondo: sembra perdersi in un gioco di specchi, ma è soltanto un viaggio per incontrare il proprio segreto.


BEYOND THE BLUE
The theatrical performance, which intertwines dance, storytelling and baroque music, took inspiration from the book of the same name (ABao AQu, 2012): an autobiographical novel, written like a diary, alternating rhythmical prose and poetry. The book tells us about long travels between the North and the South of Europe, about an encounter with a Dutch girl and an illness making its way inexorably, about a return home, later on, with the fragments of one’s past to be put in order, not chronologically, but rather in search of that “eternity of the instant” which is sculpted inside each of us. In this performance the words from the book merge with the physical scores of a white-dressed creature who silently transforms, re-living her own reminiscences, crossing thresholds, until she suddenly finds herself (as in one of the book’s last fragments) “on the other side of the mirror”: a mysterious space, reverberating the absolute and timeless music of Bach, bright and doleful, in which she is looking for a way to narrate once more, or perhaps for a pause, a bareness opening to grief, the first and last sense of our inhabiting the void. In essence, the actress worked on the possibilities of the body/soul to transform into other creatures and other conditions of being: her character could be a dead creature, or one not yet born, suspended in a no place where one dreams, remembers, questions oneself. Death is thus represented as an experience of life and transition, enveloped not only by anxiety, but also by beauty and mystery. In this sense, the performance intends to restore theatre to its tragic background and its original cathartic function.

The roads of the angel – Footsteps of an actor.

A fairy tale says that an angel goes to take children when they die, but before bringing them to the heavens, he allows them to fly over all the places where they had played. As the angel silently picks up little disremembered objects, the kid slowly opens his eyes: when they will come to the sky, those tiny assembled objects might have a voice and maybe they will sing. The angel entered noiselessly into the actor’s work, who followed his tracks in the dark alleys of dream and memory, gathering small traces, almost undecipherable signs, to bring them in a place where they might bloom.

As in the book reality is revealed as a multifaceted crystal, in the same way, on the stage voices, images and sounds alternate in a temporality belonging to dream and memory. A white figure, arrived after a long journey, outlines in the wind her own soul’s faces and spaces, and in her haversack she carries light shapes: her own days. Leafing through them, she discovers the memories of a tree, of a butterfly, a shaft of sunlight. Slowly, the invisible threads binding her own experience of the world disentangle. The spectator may track her path inside this room, which has shut doors, open-wide windows, secret passages, dark corners. Everyone reflects oneself into other beings, into the world: it may seem one is getting lost in a play of mirrors, but it is only a journey to meet one’s own secret.