Biography, reviews, texts
Assenti Presenze/Absent Presences, an essay by Rosy Raneri
"Visibility becomes for him the most appropriate method to look into the invisible".
31/05/2010
Cesare Bedognè
Assenti presenze
La singolare ricerca artistica di Cesare Bedognè si incentra a sviluppare gli aspetti polivalenti percettivi della spazialità e della temporalità.
La sua formazione scientifica e matematica lo rende incline a un’osservazione fenomenologica del tangibile. Un eccellente padronanza della ricerca fotografica gli permette di osservare il mondo con uno sguardo spirituale creando opere alquanto singolari.
L’elaborazione della composizione riprende il rapporto binario matematico attraverso la lettura visiva della luce e dell’oscurità. La luminosità si posa sulle forme e sugli oggetti da lui prescelti. Si ferma a cogliere l’attimo di questi bagliori e trasparenze rimandando la nostra riflessione da un mondo esteriore a uno tutto interiore, che vive all’interno della composizione fotografica, in un riflesso. Tale rifrazione ci riporta in altri istanti e, come all’interno di una memoria involontaria, li viviamo intensamente, rendendoli nuovamente presenti. Le attuali reminiscenze permettono alla nostra osservazione di divenire protagonista della mortalità, dell’effimero, di tutto ciò che esiste, che sta per svanire e che rivive ancora sottoforma di accadimento grazie alla profondità dell’arte.
L’opera Innerscapes I celebra l'inizio dello studio sul paesaggio interiore. In quest’opera in particolare, si riprende a livello grafico la contraddittorietà dello spazio e del tempo. Attraverso un sottile ed equilibrato gioco dell’inquadratura si svela una visione caratterizzata da contrapposizioni e prospettive chiaro-scurali. Dalla zona più in rilievo fino allo sfondo della rappresentazione, si crea un lungo percorso che ci conduce in ciclici e trasversali fili conduttori. All’interno di tali visioni abitano animato e inanimato (attraversando ogni sfera umana, animale, vegetale, oggettiva); nitidezza e opacità; quiete e contrasto. La forza di tali << rivelazioni >> svelano gli aspetti bipolari che regolano e costituiscono lo sfondo della nostra esistenza: silenzio e impetuosità; assenza e presenza; attesa e verità.
Lo scenario straniero, che l’artista acquisisce tramite la conoscenza della visione, diventa così un panorama tutto interiore, dove possono affiorare con tranquillità le presenze dalla sua anima. Un’esclusiva inquadratura è scelta come uno strumento di conoscenza superiore, capace di svelare i segreti della visione.
I luoghi da lui prescelti raccontano il vissuto dell’uomo e delle cose. Si respira ancora nell’aria ciò che è accaduto, se ne avverte il ricordo da un vetro infranto, le stanze sono tuttora illuminate dalla presenza del sole. Questi territori sono stati calpestati dalla presenza umana, della quale rimane spesso l’ombra. L’uomo, che abita, vive e influisce sui luoghi, vi si trova come compenetrato, elaborandoli con i suoi comportamenti. Bedognè esprime una lettura antitetica di questo rapporto: gli edifici che ritrae possono essere ancora in costruzione oppure abbandonati, le ombre possono manifestare premonizioni o possono essere rievocazioni. Come sostiene il filosofo Wittgenstein << si hanno dietro di sé differenti corpi di significato >>.
In molti dei suoi Innerscapes è preponderante l’apparizione dell’ombra o di una presenza effettiva che svela le proprie sembianze mediante l’identità delle forme. L’artista proietta in tal modo la sua essenza, il suo vissuto personale. Le << presenze >> rappresentano la centralità della sua analisi artistica, sono attese già trascorse e che si ripresentano come presagi. Ogni elemento che è scelto (e incorniciato nella sua inquadratura) manifesta ciò che deve ancora accadere: è un estetico punto di incontro tra presente, passato e futuro. La visibilità diventa per lui il metodo più appropriato per gettare uno sguardo nell’invisibile.
Il soggettivo studio dell’inquadratura crea geometrie nascoste dentro il paesaggio stesso. Le contrapposizioni dell’ombra e della luce contraddistinguono le prospettive del suo linguaggio artistico, che si esprime esclusivamente con la scelta del bianco e del nero.
Il momento della creazione coincide in tal modo con quello della ripresa di quel luogo e di quella luce piuttosto che un’altra. Ciò determina l’atmosfera della visione di quell’istante. Tale rappresentazione esiste solo grazie al suo sguardo osservatore, al suo processo di rifocalizzazione. L’artista non vede con gli occhi ma con lo << sguardo >>. Per lui è possibile concretizzare in forme le sue idee tramite lo strumento della visione.
La sperimentazione tecnica lo porta in tal modo a interpretare il mondo sempre in maniera diversa all’interno della realtà stessa, non è alla ricerca di paesaggi ideali ma l’immaginazione si trova dentro la visione stessa. Proprio come il concetto di fantastico all’interno della letteratura moderna, lo << strano >>, il << diverso >> si percepisce all’interno del quotidiano, come nei romanzi di Franz Kafka. Nell’apparenza apollinea appare un epifania di qualcosa d’altro: il dionisiaco, la forza primordiale, la verità.
L’intera sua ricerca artistica si volge così alla scoperta della verità e della bellezza che vive, spesso nascosta, nel mondo.
Rosi Raneri, critico d’arte
(www.rosiraneri.com)
Cesare Bedognè
Absent Presences
The singular artistic research of Cesare Bedognè focuses on the investigation of the polyvalent perceptive elements of space and time.
His scientific and mathematical background makes him sensitive to a phenomenological observation of the tangible. An excellent control of the photographic process allows him to observe the world with a spiritual gaze that results into the creation of remarkably original works.
The elaboration of the composition seems akin to a mathematical binary interpretation of vision through light and obscurity. The light touches the objects and forms selected by the photographer. He pauses then to seize the moment of these glimmers and transparencies projecting our reflection from an exterior world to a thoroughly interior one, reverberating inside the photographic composition as in a looking glass. This refraction brings us then to other instants and, as in an involuntary memory; we live them intensely, making them present anew. Such momentary reminiscences allow our observation to become a protagonist of mortality; of the ephemeral character of everything that exists, which is about to fade but which relives in form of an event through the depth of art.
The work Innerscapes 1 celebrates the beginning of the study of interior landscape. In this photograph, the contradictory nature of space and time is elaborated graphically. Through a subtle and harmonious composition, characterized by various contrapositions and chiaroscuro perspectives, the process of vision is unveiled. From the sharpest zone of the photograph to the background of the representation, a long path leads us through various cyclic and transversal traces. Each sphere of being inhabits this picture, the animated and the unanimated; the human, the animal, the botanic, the objective; sharpness and opacity, softness and contrast. The force of such “revelations” unveils the bipolar focal points that always stand in the background and regulate our existence: silence and impetuosity; absence and presence; the awaiting and the truth.
The foreign scenery, assimilated by the artist through the knowledge of vision, becomes thus a totally interior panorama, where the different presences of his soul may spontaneously come to the surface. An exclusive shot is thus chosen as an instrument of superior knowledge, capable of unveiling the secrets of vision.
The places chosen by the photographer are haunted by the echoes of things and beings past. One can still breathe in the air what has happened; memories are awakened by a broken glass; the rooms are still illuminated by the presence of the sun. These territories have been inhabited by man, whose shadow often remains.
While inhabiting, living and influencing places, man finds himself almost co-penetrated by them, and elaborates them through his behaviour.
Bedognè expresses an antithetic reading of this relation: the edifices he portrays may be still be in the building process or are perhaps abandoned; the shadows may manifest premonitions as well as re-evocations. As the philosopher Wittgenstein maintained, one carries about inside himself different bodies of meaning.
Many of the works belonging to the Innerscapes series are haunted by the apparition of a shadow, or by an effective presence unveiling its semblances through the identity of form. The artist projects thus his own essence, his personal experience. The “presences” representing the focal point of his artistic research are expectations that have vanished already and come back as omens. Each element that has been chosen (and framed in his shot) manifests thus what must still happen: it is an aesthetic merging point between past, present and future. Visibility becomes for him the most appropriate method to look into the invisible.
The personal analysis of the shot creates hidden geometries inside the landscape itself. The contrapositions of shadow and light characterize the perspectives of his artistic language, which expresses itself exclusively through black and white pictures.
The moment of creation coincides thus with the choice of a certain light and place, determining the atmosphere of vision in that very instant. This representation exists only thanks to this observing look, through the photographer’s refocusing process. The artist does not see with the eyes but with the “gaze”, and his ideas take shape through the instrument of vision.
Photographic experimentation leads thus Bedognè to re-interpret the world in a surprising way within reality itself; he is not looking for ideal landscapes but imagination is already contained into vision itself.
Just as in the concept of the fantastic in modern literature, the “strange”, the “uncanny” are perceived within daily life, as in the novels of Franz Kafka.
Through the Apollonian appearance, it appears the epiphany of something else: the Dionysian, the primordial force, the truth.
His entire artistic research is thus aimed at the discovery of the beauty and of the truth that live, often hidden, into the world.
Rosi Raneri, art critic
(www.rosiraneri.com)
Assenti presenze
La singolare ricerca artistica di Cesare Bedognè si incentra a sviluppare gli aspetti polivalenti percettivi della spazialità e della temporalità.
La sua formazione scientifica e matematica lo rende incline a un’osservazione fenomenologica del tangibile. Un eccellente padronanza della ricerca fotografica gli permette di osservare il mondo con uno sguardo spirituale creando opere alquanto singolari.
L’elaborazione della composizione riprende il rapporto binario matematico attraverso la lettura visiva della luce e dell’oscurità. La luminosità si posa sulle forme e sugli oggetti da lui prescelti. Si ferma a cogliere l’attimo di questi bagliori e trasparenze rimandando la nostra riflessione da un mondo esteriore a uno tutto interiore, che vive all’interno della composizione fotografica, in un riflesso. Tale rifrazione ci riporta in altri istanti e, come all’interno di una memoria involontaria, li viviamo intensamente, rendendoli nuovamente presenti. Le attuali reminiscenze permettono alla nostra osservazione di divenire protagonista della mortalità, dell’effimero, di tutto ciò che esiste, che sta per svanire e che rivive ancora sottoforma di accadimento grazie alla profondità dell’arte.
L’opera Innerscapes I celebra l'inizio dello studio sul paesaggio interiore. In quest’opera in particolare, si riprende a livello grafico la contraddittorietà dello spazio e del tempo. Attraverso un sottile ed equilibrato gioco dell’inquadratura si svela una visione caratterizzata da contrapposizioni e prospettive chiaro-scurali. Dalla zona più in rilievo fino allo sfondo della rappresentazione, si crea un lungo percorso che ci conduce in ciclici e trasversali fili conduttori. All’interno di tali visioni abitano animato e inanimato (attraversando ogni sfera umana, animale, vegetale, oggettiva); nitidezza e opacità; quiete e contrasto. La forza di tali << rivelazioni >> svelano gli aspetti bipolari che regolano e costituiscono lo sfondo della nostra esistenza: silenzio e impetuosità; assenza e presenza; attesa e verità.
Lo scenario straniero, che l’artista acquisisce tramite la conoscenza della visione, diventa così un panorama tutto interiore, dove possono affiorare con tranquillità le presenze dalla sua anima. Un’esclusiva inquadratura è scelta come uno strumento di conoscenza superiore, capace di svelare i segreti della visione.
I luoghi da lui prescelti raccontano il vissuto dell’uomo e delle cose. Si respira ancora nell’aria ciò che è accaduto, se ne avverte il ricordo da un vetro infranto, le stanze sono tuttora illuminate dalla presenza del sole. Questi territori sono stati calpestati dalla presenza umana, della quale rimane spesso l’ombra. L’uomo, che abita, vive e influisce sui luoghi, vi si trova come compenetrato, elaborandoli con i suoi comportamenti. Bedognè esprime una lettura antitetica di questo rapporto: gli edifici che ritrae possono essere ancora in costruzione oppure abbandonati, le ombre possono manifestare premonizioni o possono essere rievocazioni. Come sostiene il filosofo Wittgenstein << si hanno dietro di sé differenti corpi di significato >>.
In molti dei suoi Innerscapes è preponderante l’apparizione dell’ombra o di una presenza effettiva che svela le proprie sembianze mediante l’identità delle forme. L’artista proietta in tal modo la sua essenza, il suo vissuto personale. Le << presenze >> rappresentano la centralità della sua analisi artistica, sono attese già trascorse e che si ripresentano come presagi. Ogni elemento che è scelto (e incorniciato nella sua inquadratura) manifesta ciò che deve ancora accadere: è un estetico punto di incontro tra presente, passato e futuro. La visibilità diventa per lui il metodo più appropriato per gettare uno sguardo nell’invisibile.
Il soggettivo studio dell’inquadratura crea geometrie nascoste dentro il paesaggio stesso. Le contrapposizioni dell’ombra e della luce contraddistinguono le prospettive del suo linguaggio artistico, che si esprime esclusivamente con la scelta del bianco e del nero.
Il momento della creazione coincide in tal modo con quello della ripresa di quel luogo e di quella luce piuttosto che un’altra. Ciò determina l’atmosfera della visione di quell’istante. Tale rappresentazione esiste solo grazie al suo sguardo osservatore, al suo processo di rifocalizzazione. L’artista non vede con gli occhi ma con lo << sguardo >>. Per lui è possibile concretizzare in forme le sue idee tramite lo strumento della visione.
La sperimentazione tecnica lo porta in tal modo a interpretare il mondo sempre in maniera diversa all’interno della realtà stessa, non è alla ricerca di paesaggi ideali ma l’immaginazione si trova dentro la visione stessa. Proprio come il concetto di fantastico all’interno della letteratura moderna, lo << strano >>, il << diverso >> si percepisce all’interno del quotidiano, come nei romanzi di Franz Kafka. Nell’apparenza apollinea appare un epifania di qualcosa d’altro: il dionisiaco, la forza primordiale, la verità.
L’intera sua ricerca artistica si volge così alla scoperta della verità e della bellezza che vive, spesso nascosta, nel mondo.
Rosi Raneri, critico d’arte
(www.rosiraneri.com)
Cesare Bedognè
Absent Presences
The singular artistic research of Cesare Bedognè focuses on the investigation of the polyvalent perceptive elements of space and time.
His scientific and mathematical background makes him sensitive to a phenomenological observation of the tangible. An excellent control of the photographic process allows him to observe the world with a spiritual gaze that results into the creation of remarkably original works.
The elaboration of the composition seems akin to a mathematical binary interpretation of vision through light and obscurity. The light touches the objects and forms selected by the photographer. He pauses then to seize the moment of these glimmers and transparencies projecting our reflection from an exterior world to a thoroughly interior one, reverberating inside the photographic composition as in a looking glass. This refraction brings us then to other instants and, as in an involuntary memory; we live them intensely, making them present anew. Such momentary reminiscences allow our observation to become a protagonist of mortality; of the ephemeral character of everything that exists, which is about to fade but which relives in form of an event through the depth of art.
The work Innerscapes 1 celebrates the beginning of the study of interior landscape. In this photograph, the contradictory nature of space and time is elaborated graphically. Through a subtle and harmonious composition, characterized by various contrapositions and chiaroscuro perspectives, the process of vision is unveiled. From the sharpest zone of the photograph to the background of the representation, a long path leads us through various cyclic and transversal traces. Each sphere of being inhabits this picture, the animated and the unanimated; the human, the animal, the botanic, the objective; sharpness and opacity, softness and contrast. The force of such “revelations” unveils the bipolar focal points that always stand in the background and regulate our existence: silence and impetuosity; absence and presence; the awaiting and the truth.
The foreign scenery, assimilated by the artist through the knowledge of vision, becomes thus a totally interior panorama, where the different presences of his soul may spontaneously come to the surface. An exclusive shot is thus chosen as an instrument of superior knowledge, capable of unveiling the secrets of vision.
The places chosen by the photographer are haunted by the echoes of things and beings past. One can still breathe in the air what has happened; memories are awakened by a broken glass; the rooms are still illuminated by the presence of the sun. These territories have been inhabited by man, whose shadow often remains.
While inhabiting, living and influencing places, man finds himself almost co-penetrated by them, and elaborates them through his behaviour.
Bedognè expresses an antithetic reading of this relation: the edifices he portrays may be still be in the building process or are perhaps abandoned; the shadows may manifest premonitions as well as re-evocations. As the philosopher Wittgenstein maintained, one carries about inside himself different bodies of meaning.
Many of the works belonging to the Innerscapes series are haunted by the apparition of a shadow, or by an effective presence unveiling its semblances through the identity of form. The artist projects thus his own essence, his personal experience. The “presences” representing the focal point of his artistic research are expectations that have vanished already and come back as omens. Each element that has been chosen (and framed in his shot) manifests thus what must still happen: it is an aesthetic merging point between past, present and future. Visibility becomes for him the most appropriate method to look into the invisible.
The personal analysis of the shot creates hidden geometries inside the landscape itself. The contrapositions of shadow and light characterize the perspectives of his artistic language, which expresses itself exclusively through black and white pictures.
The moment of creation coincides thus with the choice of a certain light and place, determining the atmosphere of vision in that very instant. This representation exists only thanks to this observing look, through the photographer’s refocusing process. The artist does not see with the eyes but with the “gaze”, and his ideas take shape through the instrument of vision.
Photographic experimentation leads thus Bedognè to re-interpret the world in a surprising way within reality itself; he is not looking for ideal landscapes but imagination is already contained into vision itself.
Just as in the concept of the fantastic in modern literature, the “strange”, the “uncanny” are perceived within daily life, as in the novels of Franz Kafka.
Through the Apollonian appearance, it appears the epiphany of something else: the Dionysian, the primordial force, the truth.
His entire artistic research is thus aimed at the discovery of the beauty and of the truth that live, often hidden, into the world.
Rosi Raneri, art critic
(www.rosiraneri.com)